Un problema sempre maggiormente attuale con riferimento all’articolo sul Corriere della Sera del 22 Ottobre 2016:
Catania, donna morta dopo aborto Il marito: «Il dottore mi disse:non intervengo, sono obiettore»
Precisiamo subito che quanto sto per dire prescinde dalla completa realtà dei fatti citati, che deve ancora essere appurata dalla magistratura.
Mi riferisco invece al fatto che esistono medici obiettori di coscienza. La mie domande sono due.
“Perché costoro esercitano come medici?”
“Perché le amministrazioni ospedaliere assumono medici obiettori di coscienza?”
“Quale è il confine fra l’obiettore di coscienza o il diritto della persona?”
L’esercizio della professione di medico è un servizio che viene dato al singolo o ad una comunità ed i medici sono pagati per questo.La persona che in un modo o nell’altro ha pagato o paga per quel servizio ha il diritto di essere assistito secondo le sue necessità, punto e basta. Non ci sono mezzi termini, distinguo o altro.
Via dall’ospedale il medico obiettore di coscienza! E poi quale coscienza? La sua? E che diavolo di coscienza è la sua? Potrebbe essere che non gli consenta di medicare uno che sanguina, per esempio. “Il sanguinamento è un processo naturale col quale non è lecito interferire. Lasciamo fare a Dio.” – potrebbe obiettare!
L’obiezione di coscienza nell’ambito dell’esercizio della professione medica è una potenziale infamia. L’obiezione di coscienza da parte di un medico è paragonabile alla cialtroneria esercitata da certi guaritori per il semplice fatto che con le loro convinzioni distraggono i loro seguaci dall’accesso alle terapie ufficialmente approvate dalla Medicina. Ma quella del medico ospedaliero è una cialtroneria ancora peggiore perché esercitata in un contesto nel quale ci si attende che venga fatto tutto quanto è necessario per salvare la vita, ma anche rispettando la volontà e le scelte del paziente.
E qui si entra in un altro campo sul quale si potrebbe aprire una lunga discussione di cui forse tratterò in un altra occasione.