#iorestoacasa – A nostra somiglianza – Racconto a puntate per chi rimane a casa per l’emergenza sanitaria
Prologo Non è per fare del melodramma, ma oggi, un freddo Martedì di fine Novembre, la mia metà, Guendalina, la madre dei miei figli si trova in prigione. Non in una prigione italiana. Troppo facile! È in una prigione di Baltimora, Maryland, U.S.A. Della sua situazione m’informa abbastanza regolarmente la sua amica Gianna in genere intorno all’ora di cena, quando là è il primo pomeriggio.
Non posso muovermi da Roma. C’è una vera e propria epidemia di influenza. Io no e neppure Arianna, la nostra ormai 15enne, ma il nostro piccolo, Damiano, 12 anni, è a letto zeppo di Tachipirina, mentre la zia di Guen, Clarissa, una specie di super-babysitter quando siamo presi dal lavoro, è in visita presso una sua parente in quel di Udine, mi pare. Tornerà domani, forse. Inoltre, onde non apparire in cerca di giustificazioni per abbandono di consorte, non posso tacere che la nostra agenzia, la Omega Investigazioni, ha per la prima volta ricevuto l’incarico di assistere un penalista, nella fattispecie l’avvocato difensore di un ragazzo accusato di tentato omicidio di una sua professoressa. È un’occasione da non perdere, in barba all’agguerrita concorrenza da parte di agenzie quotate da tempo sul mercato, con parecchio personale, laddove noi abbiamo soltanto un collaboratore esterno.
Per nostra fortuna è uno coi fiocchi. Si tratta di un 45enne, ex agente speciale dell’INTERPOL, esperto di arti marziali, coraggioso, intelligente, reduce da numerose missioni in varie parti del mondo, con noi da 3 anni. Si chiama Sbrilli, Ederico. Nome strano, ma egli stesso tiene allegramente a precisare che è nato di sera e suo padre ha tanto festeggiato che il giorno appresso, sua moglie, dopo uno sguardo al certificato rilasciato dall’Anagrafe gli ha fatto notare che si era dimenticato la “F” all’inizio del nome. Comunque noi lo chiamiamo Rico e lui ne è felice.
Ah, dimenticavo: inspiegabilmente, si rivolge a me chiamandomi “capo”. C’è un’insistente nota lugubre che da dentro le mie viscere riecheggia intorno. Fa riaffiorare il pensiero della mia Guendalina rinchiusa in una cella di una prigione a 4500 chilometri oltre oceano. Non solo di notte, ma in ogni momento, visioni di violenze di cui straboccano le prigioni americane in certi film mi aggrediscono e sto male. Lo so che la maggior parte è inventata per far cassetta, ma nella mia condizione c’è da riflettere sull’espressione “la maggior parte”…
E non è tutto: se uno va a vedere le statistiche, scopre che in quella bella città dei meravigliosi Stati Uniti d’America, l’anno scorso hanno sepolto ben 56 vittime di omicidio per ogni 100.000 abitanti, cioè 342 salme, come se a Roma ne avessero dovute seppellire 1600! Insomma, come faccio a dormire tranquillo? Sembra che Guen sia stata arrestata nel downtown di Baltimora durante una manifestazione contro quella specie di presidente che fa ammattire un po’ tutti, Trump. Proprio in quei giorni costui aveva cinguettato qualcosa di estremamente grave, e cioè che un attacco informatico agli Stati Uniti l’avrebbe considerato un atto di guerra ed avrebbe risposto anche con armi nucleari.
Ora, non so se la protesta della gente sana di mente avesse o no a che fare con quelle insane parole, fatto sta che Guen era in mezzo ai manifestanti. Stava facendo un servizio fotografico in sostituzione della sua amica Gianna, giornalista free lance. È andata a trovarla perché momentaneamente invalida – gamba rotta, per aver inciampato nel robot delle pulizie. Niente di davvero grave, ma Guen ha approfittato dell’occasione per farsi un giretto in America e così darle una mano col lavoro. I soldi c’erano, anche perché, non fo per dire, abbiamo ricevuto un bel premio dal nostro cliente privilegiato, il misterioso Lukas Groeber, sedicente svizzero, con accento slavo, difficilmente rintracciabile, col quale si può comunicare in pratica soltanto quando vuole lui.
È stato per la soluzione dell’ultimo caso, in cui fra le altre cose abbiamo rintracciato e fatto sbattere in gattabuia quello che lui indica come suo nemico mortale, il criminale internazionale Nikola Osmjak, di origini ucraine. Di Guen ricevo ogni giorno solo notizie indirette attraverso la Gianna. Il cellulare è andato perduto durante l’arresto e dalla prigione: niente chiamate internazionali. Mi fa sapere che va tutto bene, che comparirà davanti al giudice per le udienze preliminari Giovedì, cioè fra 2 giorni e che è tutto a posto.
Tutto bene, tutto a posto… e io dovrei crederci?
Non si dovrebbe dire così a uno che non sa e sta in pena.
D’altra parte, che mi dovrebbe dire?
Ha 3 minuti al giorno di telefonata. Se avesse un problema non farebbe in tempo a descriverlo, il problema… e sarebbe davvero peggio. Guen è forte e intelligente. Sta buono Dagoberto, sta buono e distraiti col lavoro! O.K. sto buono, ma una cosa non mi quadra, la manifestazione di protesta è avvenuta Sabato mattina e non sono stato informato che ieri sera, Lunedì, tramite Gianna. Perché? Ma cominciamo proprio dal Sabato della scorsa settimana.